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„Non mi arrendo su questa pista“

14.12.2017

Peter Fill, due volte vincitore della Coppa del Mondo di discesa nell'intervista parla del suo rapporto particolare con la Saslong e del ruolo che avrà il materiale nella discesa di quest'anno

Signor Fill, le due prove cronometrate qui in Val Gardena sono ormai archiviate. E' pronto per la gara di domani?
Sicuramente. La gioia dell'attesa è grande. Dei due allenamenti sono soddisfatto, ma in gara dovrò cercare di migliorarmi in alcuni passaggi. La Saslong si presenta nel suo stato migliore ed è in condizioni perfette: scorrevole, ghiacciata, compatta con dossi importanti. Come sempre, non sarà una gara facile.

Quanto conta scegliere il giusto materiale?
Quest'anno sicuramente. Sembra che ci siano due condizioni diverse: aggressiva sopra, ghiacciata sotto. In questi casi è sempre difficile scegliere il materiale giusto. Con la neve fresca servono sci con uno spigolo sottile, che offrano meno resistenza, mentre nella parte ghiacciata c'è bisogno di uno spigolo maggiore, altrimenti gli sci "bruciano" a causa dell'attrito. Generalmente si opta per l'utilizzo di sci che vadano bene soprattutto nel tratto ghiacciato. Comunque si gioca sempre col fuoco e serve anche la giusta dose di fortuna. Quest'anno sarà una bella sfida per gli ski-men.

Significa che ci sarà un maggior numero di favoriti?
No, questo non lo direi. Naturalmente qui in Val Gardena ci sono molti atleti nella lista dei favoriti, però quelli che nelle scorse stagioni qui sono andati forte, ci saranno anche quest'anno. Sulla Saslong bisogna trovare il giusto ritmo. Steven Nymen, ad esempio, è un atleta che capisce molto bene la Saslong e quindi qui può essere sempre veloce. Quest'anno però è tornato da un infortunio e da quanto ho capito non è ancora al top della forma, ma questo non significa nulla. Anche Aksel Lund Svindal ha tutte le carte in regola per trionfare ancora in Val Gardena. Poi anche i suoi compagni di squadra, ma anche Beat Feuz, rientrano per me nel lotto dei favoriti.

E Peter Fill?
Non lo so di preciso. Sinora, purtroppo, sulla Saslong ho fatto sempre più fatica rispetto ad altre piste. Però, se tutto va bene, posso essere più veloce anche qui, ne sono convinto. In questa pista non mi arrendo e lotterò per essere veloce. Dopotutto questa per me è una gara in casa e ha un grande significato.

La pressione in questa gara di casa è maggiore che altrove?
Sì, sicuramente questo è un fattore che qui gioca un ruolo importante. In Val Gardena, per seguirmi, arrivano tante persone conosciute, amici, parenti e naturalmente la mia famiglia. L'opportunità di assistere dal vivo a una gara che è quasi a casa tua, i miei compaesani non se la perdono. In questo caso vuoi anche ottenere buoni risultati e quindi non sei rilassato come dovresti essere. Io cercherò di dare il meglio, poi sarà quel che sarà".

Negli ultimi due anni lei è stato il discesta più costante in Coppa del Mondo e ha vinto due volte la coppa di discesa. Riuscirà a confermare questa costanza anche quest'anno?
E' ancora presto per rispondere a questa domanda. Sono in buona forma, come dimostra il quarto posto ottenuto nonostante due errori a Lake Louise. A Beaver Creek, invece, ho avuto alcuni problemi con la pista: durante l'allenamento ho saltato due volte una porta e questo mi ha tolto sicurezza. Non so ancora dire se riuscirò a ripetermi come gli ultimi anni. Posso però diventare in ogni momento pericoloso, su ogni pista, e questo per me è importante. A volte si ha più fortuna a volte meno, ma sono molto fiducioso.

Quest'anno in Val Gardena si festeggia l'anniversario dei 50 anni. Da atleta come si vive questo evento?
Che quest'anno qui ci sia qualcosa di nuovo, di diverso e di emozionante è evidente. Naturalmente, come atleta, non ci si concentra sulla celebrazione dell'anniversario. Ciononostante, sono molto felice di essere in gara e dunque di essere parte di questa storia così importante avventimento per la Val Gardena.

Una gara di 50 anni fa non ha più niente in comune con una gara attuale, oppure?
Gli atleti del passato meritano grande rispetto. Erano "cavalli pazzi", se ci pensiamo, visto in quali condizioni gareggiavano. Poca protezione, nessuna rete, piste brutte o non preparate, un casco paragonabile a un berretto: era estremamente rischioso. Noi oggi abbiamo misure di sicurezza completamente diverse e siamo meglio equipaggiati tra sci, scarponi, caschi e protezioni. Eppure, come abbiamo visto recentemente, il rischio rimane. Le piste di allora erano completamente diverse dalle nostre. Gli atleti avevano bisogno di molto strutto nelle gambe e una grande dose di coraggio. E proprio il coraggio è probabilmente l'unica cosa che accomuna una gara del passato a una attuale.