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Reportagen

Bernhard Russi

La neve caduta durante la notte aveva cambiato le carte in tavola e la competizione sulla Saslong si prospettava come un terno al lotto delle scioline e dei pettorali. E il numero 15 pescato dal 21enne svizzero di Andermatt poteva rappresentare un vantaggio.
 
I favoriti svizzeri Jean Daniel Dätwyler e Söre Sprecher non riuscirono a mantenere le promesse della vigilia. "La sconfitta dello squadrone svizzero sembrava suggellata" ricorda il campione. Ma all'ultimo momento l'allenatore pensò bene di raschiare la sciolina dagli sci del suo pupillo e la mossa si rivelò azzeccata.
 
Russi si ritrovò sotto i piedi due siluri che lo proiettarono a tutta velocità nelle curve nervose ed irregolari e sui salti pericolosi della Saslong.
 
"La mia concentrazione era supportata da un misto di rabbia e delusione e produsse un concentrato di forze insperate". Russi non aveva nulla da perdere. Già alla prima curva si ritrovò a combattere contro una pista scavata e devastata dai passaggi dei concorrenti che l'avevano preceduto. Ma la cosa non sembrava impressionare più di tanto il giovane svizzero che era abituato a gareggiare in condizioni di pista precarie. "Era la mia specialità" ricorda ancora oggi.
 
Russi era un giovane di belle speranze e da poco era entrato a far parte della squadra svizzera, ma a una settimana dall'appuntamento iridato si fratturò la mano. "E a quel punto pensai che la cosa finisse lì. Ma il campionato del mondo era un'occasione speciale e unica che non potevo lasciarmi sfuggire". In allenamento gareggiò con un bendaggio rigido, che tolse prima della gara scendendo in condizioni di estremo dolore, specialmente in fase di spinta alla partenza.
 
La posizione a uovo, molto aerodinamica proiettò Russi ad alta velocità sulle "gobbe di cammello" dove gli sembrava di volare. In questo frangente si accorse di essere molto più veloce che in prova e quando nelle curve del Ciaslat percepì il rumorio agitato del pubblico pensò che "stava succedendo qualcosa di particolare".
 
Tagliato il traguardo Russi sentì le parole del fratello Manfred che gli urlò "miglior tempo". "È un momento che mi si è impresso nella mente e che non scorderò mai" ricorda il 55enne di Andermatt.
 
Ma la pista diventava sempre più veloce e lo svizzero, che era partito per ultimo del primo gruppo di merito e normalmente avrebbe dovuto sentirsi sicuro del successo, dovette soffrire ancora per diversi minuti. Ma alla fine si scatenò l'inferno e "non capii più quello che mi stava succedendo attorno. Avrei fatto tutto quello che mi avessero chiesto"
 
Anche suo padre si trovava nel parterre d'arrivo e, con le lacrime agli occhi, si congratulò con il figlio dicendo una frase molto significativa "Adesso vai alla premiazione, ma non dimenticare di ridiscendere dal podio".
 
Russi era talmente preso dalla vittoria che dimenticò di allentare la chiusura degli scarponi che gli occludeva la circolazione sanguigna. Si accorse della dimenticanza appena dopo un paio di ore mentre si trovava negli studi della telvisione austriaca per le interviste di rito.
 
Successivamente fece ritorno in albergo a Selva e si aspettò "una marea di gente e festeggiamenti a non finire" e invece non c'era nessuno. Si ritirò in camera e appena allora riuscì a capacitarsi dell'importanza della vittoria. "Scagliai il casco in un angolo e grazie al botto mi ridestai dal sogno capendo di essere campione del mondo".
 
Nella stanza d'albergo successe un'altra cosa curiosa. Per sua sorpresa Russi non trovò l'abito da sera per la cerimonia di premiazione che si sarebbe tenuta nel palaghiaccio di Ortisei. Un solerte accompagnatore della squadra aveva pensato bene di anticipare i tempi e portare la divisa ufficiale a Ortisei. Ma nel trambusto dei festeggiamenti Bernhard non riuscì a trovare l'abito, cosicchè dovette prendere a prestito il modello di due misure più piccolo di un compagno di squadra.
 
"Fu il proprietario dell'albergo Alaska di Selva a condurmi a Ortisei, ma siccome eravamo bloccati nel traffico e rischiavo di non farcela per la premiazione, egli pensò bene di chiamare i carabinieri i quali ci scortarono a sirene spiegate fino a Ortisei".
 
Russi riuscì a cogliere il risultato pieno già alla sua prima partecipazione ad un grande evento. "Fu per me un momento importante, ma che d'altra parte mi responsabilizzava. Sapevo che per diventare veramente un grande atleta avrei dovuto confermare l'exploit con diversi ottimi piazzamenti e creare i presupposti per un gloriosa carriera"
 
Questa sua convinzione trovò conferma negli anni successivi e con l'oro olimpico di Sapporo nel 1972 e la medaglia d'argento di Innsbruck nel 1976 Russi suggellò definitivamente il suo ruolo di "grande" dello sci alpino.
 
Come l'inizio della sua carriera anche la fine venne in modo repentino ed inaspettato. La decisione maturò durante il viaggio di ritorno dal parterre d'arrivo di Garmisch all'albergo, in occasione della discesa libera valevole per i campionati del mondo del 1978. "In quel momento pensai che è bello poter decidere personalmente quando e come smettere" ricorda oggi Bernhard Russi.

Gernot Mussner, 2003