Saslong Classic Club / Gardena - Gröden
Str. Dursan, 106    |    I - 39047 St. Cristina
Tel. +39 0471 793450
e-mail: info@saslong.org
pec: saslong@pec.it
codice destinatario: MJ1OYNU
Part. IVA: IT01657370217

Reportagen

Gobbe del Cammello

Le famigerate “Gobbe del Cammello” sono ben conosciute. Per anni esse hanno catapultato indistintamente in aria gli uomini jet della discesa, fino a quando vent’anni fa, per la prima volta, un tirolese temerario le ha sorvolate con un unico salto. Gli esperti affermano che le Gobbe del Cammello costituiscono un punto chiave nella Coppa del Mondo alpina. I tre dossi sulla pista della discesa libera gardenese si chiamavano in origine “passaggio del canguro”. Fu Sepp Sulzberger, l’indimenticabile delegato FIS a lungo in Val Gardena, a battezzarle alla metà degli anni 70.

L’idea già circolava. Negli anni 70, dopo i Campionati Mondiali, i migliori discesisti del mondo pensavano a come poter superare con un salto le “Gobbe del Cammello”: Bernard Russi, campione mondiale, Werner Grissmann, il burlone, Franz Klammer, futuro oro olimpico e Uli Spieß, un ragazzo di 21 anni dello Zillertal (AUT).

Nel 1976 Uli Spieß gareggiò per la prima volta in Val Gardena. La Saslong gli entrò subito nel cuore, al punto che divenne la sua discesa preferita. Come quando normalmente si corteggia una donna, allo stesso modo lui l’aveva studiata, per ben cinque anni; ci aveva flirtato fino a che la conobbe a memoria, in tutti i suoi punti. Solo allora si decise ad un contatto più stretto e iniziò a tastarla nelle singole parti. Si fermò al petto: era la parte che gli piaceva di più. Nel 1976 l’aveva accarezzata per la prima volta. Con i suoi sci. Nel 1980 la conquistò definitivamente. 

Spieß aveva appena vinto la discesa a Val d’Isere. Era più che mai motivato e si sentiva sufficientemente forte per conquistare quella donna formosa.

Saltare è sempre stata una passione per lui. In albergo, analizzando la gara in video, aveva notato che il grande salto sulle Gobbe avrebbe fatto guadagnare tempo in gara. Decise di rischiare. Ma non dall’oggi al domani.

Uli Spieß si era preparato a dovere per il grande salto. Per acquisire la giusta sensibilità dello stare in aria, si esercitò dapprima sul trampolino di 70 m a Mayrhofen (AUT). Poiché questo gli sembra troppo corto, si spostò sull’impianto di 90 m a Wörgl (AUT). Il giovane tirolese voleva esercitarsi nella tipica posizione del salto con gli sci e vedere come il lungo volo, cui lui non era abituato, avrebbe agito su di lui. “Salire in alto”, questo è ciò che voleva, con partenza dal trampolino disegnando una parabola in aria, per raggiungere l’altezza necessaria. 

Il test sui due trampolini gli riuscì. Ora non non doveva fare altro che andare in Val Gardena. “Durante la ricognizione alcuni colleghi ed allenatori, quando vennero a conoscenza del mio progetto, mi diedero del matto”, ricorda oggi Uli Spieß. “Le tre gobbe stavano lì alte come il Sassolungo e in mezzo un abissale precipizio”.

Questa considerazione tuttavia tormentò il discesista temerario. “Se non mi dirigo sulle gobbe ad una velocità di 120 km/h, posso scordarmi il salto”. Primo allenamento: “Ora o mai più” si disse per infondersi coraggio. Dieci secondi prima della partenza però, lo raggiunse via radio il suo allenatore Karl Kahr. “Un caro saluto – io, se fossi in te, non salterei” gli consigliò. Tuttavia prima Spieß aveva sentito suo padre al telefono. “Salta!” gli aveva detto. La sua parola era quella che più gli importava; i dubbi erano svaniti. 

Non restava che partire. In piena concentrazione si spinse dal cancelletto di partenza in una pista dura come il ghiaccio. “Il tratto dalla partenza al salto non l’ho nemmeno percepito”, riflette a posteriori Spieß. “I miei pensieri erano sospesi nell’aria, giravano intorno alle “Gobbe”, la paura era tanta. Paura dell’ignoto: ce l’avrei fatta oppure dopo avrebbero dovuto racimolare le mie ossa sparse per l’impatto?” 

Quel freddo giorno di dicembre la pista era particolarmente veloce. Così veloce, che l’austriaco poteva buttarsi sul dente del salto con la velocità giusta. Decine di spettatori ed allenatori lo aspettavano curiosi dietro le reti di protezione. Avevano saputo della sua intenzione dalla stampa. Spieß arrivò, come un proiettile, in posizione compatta a uovo. Dal “Muro” scese nel piano fino al primo salto. Lo ammortizzò e raggiunse nella frazione di un secondo il dente della seconda gobba, strappò il suo corpo allenato, come lanciato in aria da una catapulta a tutta forza e si sollevò. In brevissimo tempo si trovò a 6-7 m dal suolo, si ricompattò e volò in aria sibilando con eleganza, accompagnato dagli sguardi sconcertati del pubblico. Dolcemente, e sano e salvo, atterrò 50 m più avanti sul dorso della terza gobba per proseguire in piena concentrazione verso Ciaslat.

Uli Spieß fu il primo uomo a saltare le Gobbe del Cammello. Una sensazione incredibile. Aveva guadagnato 20-30 m nel tratto Gobbe-Ciaslat sullo svizzero Peter Müller, poi vincitore della prova. Spieß si piazzò quinto. Nella seconda prova, vinta da Harti Weirather, arrivò addirittura secondo. “Sono convinto che mi sarei piazzato più indietro nella classifica se non avessi saltato. Il salto, secondo analisi dettagliate, mi ha fatto guadagnare un secondo”.

Dopo Uli Spieß anche altri atleti hanno provato a sorvolare le “Gobbe del Cammello”. Peter Wirnsberger, ad esempio, e Helmuth Höflehner con successo. Anton Steiner (AUT) invece se la vide male agli inizi degli anni 80, quando troppo indeciso perse la presa sugli sci. Alcuni anni dopo, stessa sorte per Giorgio Piantanida (ITA). Anche lui fu trasportato in ospedale in elicottero.

Nel corso degli anni, le Gobbe del Cammello subirono varie modifiche e furono “ammorbidite”. Già nell’anno primo dopo Spieß, per motivi di sicurezza, una porta nell’entrata sulle Gobbe fu spostata di tre metri verso l’interno. Spieß tuttavia non si scompose e le saltò nuovamente, per la gioia del pubblico.

Ad ogni modo, non tutti i discesisti sono convinti del salto (e del conseguente prezioso guadagno di tempo). Marc Girardelli, ad esempio, nella sua prima discesa sulla Saslong del 1986, scelse un'altra linea. Egli era convinto di riuscire a rimanere in posizione più a lungo (20 m) se non saltava. Da allora sulle “Gobbe” c’è anche la “Linea Girardelli”. 

Gernot Mussner, 2003